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Il pavese tra le due guerre: L’erbario

  • Paola Montonati

erbarioAntichi e misteriosi, gli erbari sono la raccolta di erbe e cure del Pavese contadino, fino dal Medioevo

I primi erbari erano solo  libri illustrati dove comparivano annotazioni sull'aspetto e sulle proprietà della specie raffigurate,  il primo conosciuto della storia è quello di Doscoride,  medico di origine greca del basso Medioevo, ricco di  illustrazioni di grande realismo e oggi  conservato a Vienna.

Nei secoli successivi tutti gli erbari si ispirarono a quello di Doscoride, che veniva modificato e rielaborato a discrezione del curatore. Spesso le rappresentazioni venivano distorte, legate dall'analogia tra pianta e figura umana oppure a miti e magie che nascevano intorno alle specie vegetali per via delle loro proprietà curative.

E' il caso, degli erbari ispirati alle teorie di Paracelso (1451-1493) che nella sua Dottrina dei segni diceva che tutte le erbe nascondessero un segno occulto della loro utilità per l'uomo, così le foglie a forma di cuore avrebbero curato i disturbi cardiaci e la linfa gialla l'itterizia.

Tra il XV e il XVI secolo, quando le tecniche di stampa non erano affermate, fu avviata una nuova metodologia per la realizzazione di tavole botaniche, quella della stampa con l'ausilio di una matrice naturale, che era la pianta stessa.

Tale tecnica, descritta anche da Leonardo da Vinci nel suo Codice Atlantico, prevedeva di cospargere con nerofumo, prodotto da una candela accesa, un lato della pianta, poi  pressata tra due fogli, dove lasaciava la propria impronta.

Questo metodo di realizzazione degli erbari non ebbe molti diffusione, sia per l'inaffidabilità dell'impronta lasciata sulla carta, sia per le difficoltà e gli inconvenienti della stessa tecnica e fu completamente abbandonato nel XVIII secolo.

Gli erbari di specie essiccate compaiono verso la fine del XV secolo  in sostituzione di quelli illustrati, rendendo la specie riconoscibile senza alcun dubbio da parte dell'illustratore.

L’idea dell'esame delle piante su campioni vivi e non sui trattati antichi fu avanzata per la prima volta dall'umanista Pandolfo Collenuccio da Pesaro che, desiderando   far conoscere alcune piante al Poliziano, gli inviò dei campioni essiccati raccolti durante un'escursione in Tirolo nel 1493. Poliziano, nel rispondere a Pandolfo  per ringraziarlo, gli riferì che gli studiosi cui aveva mostrato i campioni non condividevano  tale metodo di comunicazione scientifica.

Poco più tardi altri botanici abbandonarono progressivamente i trattati iconografici per occuparsi dello studio delle piante dal vivo, oltre che a conservare le loro raccolte sotto forma di campioni disponibili e osservabili in qualsiasi momento.

Gli erbari essiccati più antichi sono per lo più collezioni personali, rappresentando per gli stessi studiosi uno strumento necessario per l'analisi, al confronto e al riconoscimento delle piante.

Con il passare del tempo e l'innovazione della tecnica, gli erbari furono prodotti con singoli fogli per ogni campione, in modo da incrementare la raccolta e ordinarli a seconda della classificazione che veniva di volta in volta aggiornata.

Oggi gli erbari continuano a vivere perché, oltre  qualunque illustrazione o fotografia, permettono il riconoscimento e il confronto tra specie.

Gli erbari all'università di Pavia 

Nella Biblioteca Universitaria di Pavia oggi è conservato l’Aldini 211, un erbario del XIV secolo, scritto a piena pagina, con rigatura tracciata a inchiostro e scrittura in minuscola gotica, titoli in rosso, e lettere iniziali dei paragrafi grandi in rosso e azzurro.

La particolarità di questo erbario è il ricco apparato iconografico con 154 disegni policromi, che occupano la pagina intera, e raffigurano le erbe affrontate nel testo.

L’Aldini 211 è un codice che si distingue per il suo valore storico, con le citazioni di medici e scienziati, che denotano la buona cultura dell’autore del testo, oltre ai disegni a volte realistici e altri fantastici: spesso infatti tra le raffigurazioni delle piante compaiono mani, volti e anche animali di fantasia, che trasmettono la vastità delle credenze medievali sulle piante, situate a metà tra scienza e magia.

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