Il Pavese tra le due guerre: la moda della fine dell’Ottocento
L'evoluzione dell'abbigliamento nel Pavese col tempo divenne lo specchio dell'evoluzione del ruolo femminile nella società, passando da distacco da una concezione statica dell'abito per le donne per passare a una semplificazione dove si unisce eleganza a praticità.
Nel secolo del Romanticismo la moda rifletteva l'immagine della donna portatrice di valori e di virtù, incarnando l'ideale dell'angelo del focolare, tra la modestia del gesto, la prudenza del comportamento, lo sguardo dolce e timido, mentre il corpo simboleggiava fragilità, dolcezza e arrendevolezza.
La sensualità era controllata, infatti l'abito, chiuso attorno al collo, aveva maniche lunghe e spalle cadenti; gonne lunghe e strati di biancheria - camicia, busto, copribusto, sottogonne, mutandoni - nascondevano il corpo, mentre il busto era di tela irrigidita da stecche di balena, che doveva assicurare il vitino di vespa.
Con l'avanzare del secolo il gusto si spostò verso lo stile rococò, amato dall'imperatrice Eugenia, poi si ritornò a una linea che si ispirava alle corolle dei fiori e alla sinuosità serpentina, mentre trionfava l'Art Nouveau.
Ogni occasione comportava, nei manuali di galateo, un look appropriata per la signora elegante, sempre adeguata al ruolo da interpretare tra abiti da casa, da viaggio, da passeggio, da carrozza, da visita, da ballo, da lutto, da mezzo lutto e da sport.
Lo sport si era fatto largo dopo la metà nel secolo, e il costume da bagno, in particolare per la donna, divenne un compromesso tra il bisogno di avere un indumento con cui muoversi in acqua e l'imperativo morale di nascondere più epidermide possibile.
Nell'equitazione, il completo da amazzone era una lunga gonna a strascico, che doveva scendere a coprire le gambe quando la donna cavalcava, seduta di fianco sulla sella.
Verso il 1890 apparvero gli abiti per le cicliste, facendo ricorso a calzoni alla zuava che coprivano le gambe fino al ginocchio, avendo a volte come compromesso una tunica per nascondere parte dei fianchi.
La moda dei primi del Novecento
Tra il 1890 e il 1910 si ebbe una riforma della moda, dove le maniche si allargarono all'attaccatura delle spalle per poi stringersi lungo la lunghezza del braccio, mentre spariva il cuscinetto imbottito fissato sotto le gonne negli abiti femminili per rialzarne il drappeggio.
Intorno al 1895 apparve un nuovo tipo di busto che spingeva il seno della donna verso l'alto, schiacciando il ventre, per accentuare la figura e la sinuosità del portamento, inoltre le vesti furono dotate di colli foderati e le sottogonne alleggerite dai merletti.
Pochi anni prima, inoltre, aveva fatto la sua comparsa il tailleur, composto da giacca e gonna, inventato dall'inglese Redfern come derivazione dell'abito maschile, su committenza della principessa del Galles.
I veri trionfatori della moda furono, a fine Ottocento, i grandi cappelli piumati che adornavano ed aggraziavano i capi, visti come un segnale di elevata appartenenza sociale, infatti solo colei che indossava il cappello poteva qualificarsi come signora.
I tempi ormai erano maturi per una svolta e il sarto parigino Paul Poiret attorno al 1910 inventò un look per le donna privo di busto, che indossava abiti a vita alta e dai colori vivaci, mentre le gonne si strinsero in fondo, raccogliendosi intorno ai piedi, e conferendo un aspetto slanciato alla figura.
Anche i Futuristi si occupano dell'abito e l'artista francese Sonia Delaunay fondò il movimento dell'orfismo, noto per il suo uso di colori forti e geometrici, oltre che per il disegno di tessuti per abiti coloratissimi e dai motivi astratti.
Nel 1914 scoppiò la Prima Guerra mondiale e, con l’avvento di nuovi modelli femminili, fu chiaro a tutti che un secolo fondamentale per la moda era finito per sempre.