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Facezie lomelline e medesi

dialetto paveseAl Mario Baris e la Necchi

Un di un rapresentant dla Necchi, culla di makin da cusi, l’è andai in tla butega da eletricista dal Mario Baris (1) e ga dji: “Baris, crumpèg la Necchi per la vosa dona”.

“Ag l’hò giamò” l’ha rispost Baris pront.

“As tipo chi – al disa al rapresentant – al fa incasì i gas”

Mario Baris tut seri: “La mia – al risponda -, la fa i gas (2) e i farcio, am fa da mangià, la cùsa tùt, la lava in-cal-toni e ma fai incasì na’ fiola. La Necchi pusè muderna ag l’hò mi. La vosa la và no sicùr pusè ben che la mija. Sa vurìvend la vosa Necchi gandarà c’andé a un altr’us”

Per cui cal la san no, la dona ad Baris l’e Luisina La Necchi.

 

Mario Barisio e la Necchi

Un giorno, un rappresentante della Necchi, la ditta costruttrice delle macchine per cucire, andò nel laboratorio – bottega da elettricista di Mario Barisio e gli disse: “Barsio acquistate una Necchi per vostra moglie”

“Ce l’ho già” risponde pronto il Barisio.

“Questo tipo – dice il rappresentante – fa anche le asole”

Mario Barisio tutto serio: “La mia – risponde – fa le asole e le frittelle, mi fa da mangiare, cuce tutto, lava anche la tuta, e mi ha fatto una figlia. La Necchi più moderna ce l’ho io. La vostra non funziona certo meglio della mia. Se volete vendere la vostra Necchi occorrerà che vi rivolgiate ad un’altra porta”

Per quelli che non lo sanno, la moglie di Barisio è Luigina Necchi.

(da Giuseppe Masinari,  Mede - fra storia e cultura contadina in Lomellina, Roma , Noi pubblicisti, 1983 )

(1) Mario Barisio, scomparso nel 1957, Sindaco di Mede per sette anni a cavallo degli anni Cinquanta  e  ancora ricordato dai suoi concittadini con un senso di affetto anche per la sua rettitudine.

(2) I gas sono chiamati in dialetto le asole e cosi anche i dolci di Carnevale detti chiacchiere. 

 

La bulatta dla siura

Quando nel 1895 apparve la luce elettrica a Mede, si pagava a forfait 3 lire ogni lampada da 10 candele.

La illuminazione era fatta anche con becco a gas. Esistevano lampadari che prevedevano le due fonti contemporaneamente.

Le prime famiglie ad usufruire di questi servizi furono quelle in piazza.

Avvenne un giorno che il ricevitore del gas dopo aver incassato quanto stabilito, avendo dimenticato di scrivere qualcosa, chiese di poter vedere la bolletta.

L’utente, che evidentemente non sapeva che la ricevuta si chiamava bolletta e pensando ad un’altra bolletta, comune in tutte le camicie (1), alla domanda: “Siura, am fa vad la su bulatta?”. Risposta: “La bulatta a mi? Brut salop, mi son pulida me-n speg. La bulatta glavrì Vu, ca si un pursè”

Il ricevitore, avendo compreso l’equivoco, volle precisare sorridendo:

“Siura, la bulatta cl’intenda Le, lè culla del gas dal magasin di faso. Mi inveci ciamava la ricivuda cla pagà, culla dal gas da s-ciarì” (2)

 (da Giuseppe Masinari,  Mede - fra storia e cultura contadina in Lomellina, Roma , Noi pubblicisti, 1983 )

 

(1) Un proverbio lomellino dice:  “Ghe mia ad sabat senza su, ghe mia ad dona sensa amur, ghè mia ad pra sensa èrba, ghe mia ad camisa sensa mèrda”

(2)”Signora, la bolletta che intende lei è quella del gas del magazzino dei fagioli. Io invece chiedevo la ricevuta che ha pagato, quella del gas di illuminazione”

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